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Sconcertato per la mediazione sulla prescrizione

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di Alberto Falci per Huffpost

 

Professore, dal vertice di maggioranza di ieri sera esce fuori questa mediazione: stop della prescrizione solo per le condanne in primo grado. A suo parere non lede l’articolo 27 della Costituzione, vale a dire il principio secondo cui un imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva?

“Intanto comincerei a essere perplesso su cosa è successo ieri sera, alla luce delle divulgazioni giornalistiche. Il vertice sembra si sia concluso con la promessa del ministro della Giustizia di presentare fra una settimana la riforma del processo penale nella quale inserire questa nuova variante. Io aspetto di vedere cosa ci sarà scritto di concreto; prima non sono in grado di esprimere nessuna valutazione. Anche perché troppe altre volte è stata annunciata una riforma epocale di cui non si è saputo più nulla”.

Detto questo, qual è il suo giudizio sulla soluzione che ha tirato fuori dal cilindro il premier Giuseppe Conte?

“Quanto alla soluzione prospettata dal presidente del Consiglio, nonché avvocato e professore universitario, sono ancora più sconcertato. Sia per i dubbi di carattere costituzionale. Sia perché continuare a mettere rattoppi su un cappotto bucato da tutte le parti non risolve nulla. Mi domando se non era forse il caso di valutare a fondo la riforma Orlando; in quella legge del 2017 – che non mi risulta essere stata ancora applicata sotto questo specifico profilo – si distingueva già la sentenza di condanna da quella di proscioglimento in primo grado. Il dubbio di costituzionalità per violazione dell’articolo 27 della Costituzione poteva nascere già allora, per quanto in un contesto molto diverso ed attenuato rispetto a quello della riforma Bonafede. Eppure già prima, secondo la Corte costituzionale (nella sentenza n. 26 del 2007) non si poteva sostenere che il proscioglimento in primo grado rafforzi la presunzione di non colpevolezza. Non è così: il passaggio dal primo al secondo grado è fisiologico per valutare la correttezza della decisione, sia essa di colpevolezza o no.

Insomma, possiamo derubricare la mossa del premier come un pasticcio utile solo a tenere insieme la maggioranza Pd-M5S. Vorrei tornare sul punto, però: un condannato in primo grado è meno innocente di un assolto in primo grado?

“A me non spetta dare alcuna definizione. Posso solo dire che condivido le voci di due magistrati fra loro molto diversi, levatesi per contrastare questo compromesso sotto il profilo di costituzionalità: Pietro Grasso e Pier Camillo Davigo; oltre agli avvocati e qualche voce politica isolata come quella della senatrice Bernini. C’è qualcosa che non torna. E mi preoccupa che la politica abbia battuto le mani a questo compromesso senza esaminare minimamente nessuno degli aspetti di efficienza, di capacità di risolvere i problemi della riforma e del compromesso stesso, oltre a non affrontare il problema di fondo se quest’ultimo sia o meno incostituzionale”.

Lei è molto scettico sul risultato finale.

“Sono abituato a parlare di diritto. Tuttavia dopo un anno e più che sento parlare di “riforma epocale” adesso si parla di riforma che sarà pronta in una settimana. Qualche dubbio lo avrei anche su questo oltre che sul rispetto dell’articolo 27”.

Il suo giudizio è assolutamente negativo. Qual è l’errore di fondo?

Intanto cominciare dalla coda, anziché dalla testa, isolando il singolo problema: è più facile, più accessibile, più comprensibile per i non addetti ai lavori, ma più rischioso. Logica invece vorrebbe che la tanto promessa e decantata riforma del processo penale avvenga prima o contemporaneamente a quella della prescrizione. Errare humanum est, perseverare autem diabolicum”.

Professore, se non è un pasticcio cosa troviamo davanti a noi?

“Una tempesta perfetta in un bicchier d’acqua, che confonde la prescrizione (sostanziale) con la ragionevole durata del processo (processuale). Potrebbe definirsi così la riforma entrata in vigore il 1 gennaio 2020 che secondo alcune dichiarazioni del ministro Bonafede “si applicherà solo al tre per cento dei processi”. Non so con quale calcolo si sia raggiunto quel risultato, ma valeva la pena, per così poco, mettere in discussione i principi del sistema penale e litigare sulla tenuta del governo e della maggioranza?”.

E torniamo al punto di partenza: la legge Bonafede. Meglio continuare sulla linea delle modifiche o forse il Pd dovrebbe avere il coraggio di chiedere l’abrogazione?

“A mio avviso dovrebbe avere il coraggio non di chiedere o di accettare un compromesso, ma di proporre una riforma del processo accusatorio, dopo trenta anni di vita e di modifiche disorganiche che lo hanno profondamente dissestato. Non scendo in dettagli tecnici che in questo momento mi sembrano prematuri, per non dire altro”.