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Tutelare il nostro patrimonio culturale si può

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  1.  La crisi finanziaria, economica, sociale e culturale che stiamo vivendo, a livello nazionale, europeo e globale, impone con urgenza la ricerca di ogni possibile via per la crescita, l’aumento dell’occupazione e del prodotto interno lordo, la valorizzazione a tal fine di tutte le risorse di cui disponiamo.
  2.  Fra tali risorse, in primo luogo, vi è il patrimonio culturale e paesistico; il “nostro petrolio”, si potrebbe dire, se solo si riflette sulle conseguenze che possono derivare da una valorizzazione razionale ed attenta di quel patrimonio, in termini di sviluppo turistico ed occupazionale.
  3. La prospettiva del nesso e della tutela comune fra patrimonio ambientale e culturale richiede il coinvolgimento di tutti – istituzioni, società civile, forze e realtà locali – perché a tutti appartengono quei patrimoni, al di là dei diritti economici connessi alla loro materialità. Penso alla figura emblematica del bosco, che esprime la pluralità e la coesistenza di molteplici interessi pubblici e privati, di salvaguardia del suolo, climatici, paesaggistici, energetici, patrimoniali, economici, nella sua multifunzionalità sia ambientale che economico-produttiva.
  4.  Nel percorso, sostanzialmente unitario, evolutivo della tutela, i beni culturali, non più soltanto “cose”, per quanto segnate da un valore intrinseco, ma patrimonio di tutti e della Nazione, rappresentano un ponte fra il passato e il futuro, una testimonianza a favore delle generazione che verranno e del loro diritto alla memoria. Per questo, la Corte Costituzionale ha fissato una serie di indicazioni significative per la sopravvivenza del patrimonio culturale e ambientale.
  5. La Corte si è fatta carico di cercare di evitare il rischio che la distinzione fra tutela e valorizzazione possa risolversi in un indebolimento della prima, in una sua frammentazione, in una perdita del carattere e dell’identità nazionale  che deve esprimere quel patrimonio. Così come la distinzione fra paesaggio, ambiente e governo del territorio, che in realtà esprimono tre diverse prospettive per guardare un’unica realtà, e la ripartizione conseguente di competenza fra Stato, regioni ed enti locali rischiano di risolversi  in indebolimento della tutela, inefficienza, creazione di zone grigie e di conflitti di competenza.
  6.  L’individuazione dei beni culturali non è riservata soltanto al monopolio culturale dello Stato; anche la comunità regionale e locale può riconoscere particolare valore storico o culturale, a fini di valorizzazione, a beni diversi da quelli disciplinati dal codice dei beni culturali, con l’attribuzione allo Stato della competenza ad apporre il vincolo di interesse storico o artistico.
  7. Il respiro ampio della tutela dei beni culturali è reso evidente dalla sua qualificazione come materia-attività, al pari della tutela dell’ambiente. In essa, a differenza delle c.d. materie oggetto, «assume rilievo il profilo teleologico della disciplina», poiché «ha un proprio ambito materiale, ma nel contempo contiene l’indicazione di una finalità da perseguire in ogni campo in cui possano venire in rilievo i beni culturali»; con una conseguente «coesistenza di competenze normative» (così la sentenza n. 232 del 2005). Ad avviso della Corte, non può esservi soluzione di continuità fra la tutela e la valorizzazione dei beni culturali, che sono fra loro strettamente connesse. La prima si articola nella individuazione, nella conservazione e nella protezione di quei beni, rispetto al rischio di degradazione nella loro struttura fisica e nel loro contenuto culturale; ed è affidata alla competenza statale. La seconda è affidata alla competenza concorrente di Stato e regioni; ed è integrata da ogni attività diretta a migliorare le condizioni di conoscenza e conservazione e ad incrementare la fruizione di quei beni, tenendo conto del loro rapporto con il territorio e quindi del governo di quest’ultimo, che è demandato alla competenza regionale.
  8. Il rapporto fra la tutela (per la conservazione) e la valorizzazione (per la miglior fruizione dei beni culturali) trova un terreno comune nella gestione, funzionale all’una e all’altra: ogni attività diretta, mediante l’organizzazione di risorse umane e materiali, ad assicurare la fruizione dei beni culturali, concorrendo al perseguimento delle finalità di tutela e di valorizzazione (così la sentenza n. 9 del 2004).