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Flick e il presidente Legambiente Cogliati Dezza al Premio Luisa Minazzi

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L’appello da Casale: “Il disastro ambientale al più presto diventi reato nel Codice penale”

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di Silvana Mossano   La Stampa di Alessandria

Diciamocela tutta: se la Cassazione avesse confermato la condanna d’Appello nel maxiprocesso Eternit – 18 anni a Stephan Schmidheiny per disastro doloso ambientale permanente – ne avremmo parlato e scritto un paio di giorni e poi saremmo passati a fare altro. E, invece, per come sono andate le cose, l’indigerita prescrizione non soltanto continua a far discutere, ma, assai meglio, ha innescato una reazione così decisa e forte nei casalesi di Casal Monferrato che potrebbe essere la molla per arrivare a un risultato perseguito, e tuttavia stagnante, da anni: «Inserire nel Codice penale il reato di inquinamento e disastro ambientale che oggi non c’è». Lo ha detto e auspicato il professor Giovanni Maria Flick, giurista di grande levatura, presidente emerito della Corte Costituzionale e già ministro, ospite, insieme al presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, alla cerimonia per la consegna del Premio Luisa Minazzi, nella sala consiliare di Palazzo San Giorgio.

Una norma inadatta  

Il professor Flick è tra coloro che aveva espresso profonde perplessità «sulla strada che si è dovuta imboccare per dare giustizia al martirio delle famiglie di Casale», perché i danni all’ambiente in generale sono stati perseguiti, fino a ora, «in modo un po’ tortuoso, adottando, ad esempio nel processo Eternit, un percorso difficile e in salita». Di fronte a casi come questi, «ci si trova indifesi, perché la norma attuale, datata 1930, è inadatta» ha detto Flick. Eppure «l’Europa la strada ce l’ha indicata; con una prima direttiva del 2003, rimarcata in maniera più incisiva nel 2008, chiede all’Italia, pena le sanzioni, di introdurre una disciplina seria». E che cosa ha fatto l’Italia? «Si è dormito – è la risposta del giurista -: la legge che introduce i reati di inquinamento e disastro ambientale, con relative pene severe, è passata alla Camera, ma giace al Senato». E perché si è inceppata? «Perché Confindustria frena, ritenendo eccessivamente pesante la condanna, in caso di riconoscimento di responsabilità, al ripristino dell’ambiente danneggiato, ripristino che non dovrà più pesare sulla collettività – ha spiegato il presidente di Legambiente -. Babbo Natale illumini il cuore di Squinzi» ha chiosato Cogliati Dezza, aggiungendo che «solo una forte pressione da parte del Paese civile può sbloccare questa legge». Al sindaco Titti Palazzetti e alla delegazione casalese che l’ha accompagnata di recente ai vertici delle massime istituzioni dello Stato, il presidente del Senato Pietro Grasso ha promesso che darà una spinta perché la legge passi al più presto.

Cultura della vergogna

A monte, però, – è il sollecito del professor Flick – «bisogna lavorare molto per l’affermazione e la diffusione di una cultura della legalità», una cultura «della vergogna e della reputazione» per comportamenti sprezzanti dell’ambiente, che metta al bando «le ecomafie imperversanti». Qualcosa di più radicato dell’«indignazione che passa come il raffreddore – ha messo in guardia Cogliati Dezza -: non basta emozionarsi un giorno, ma bisogna stare sul pezzo ogni giorno», anche per azzerare «la meschina contrapposizione» tra «ambiente e salute da un lato, e lavoro dall’altro. Al contrario, si può produrre lavoro e sviluppo proprio affrontando e risolvendo i problemi dell’ambiente e della salute».

I tre riconoscimenti   

Il Premio nazionale Luisa Minazzi – pioniera di Legambiente, assessore all’Ecologia, direttrice didattica, morta di mesotelioma nel 2010 -, organizzato dalla rivista nazionale di Legambiente «Nuova ecologia», è stato poi assegnato ai Parchi del Camoscio. È l’ente proclamato Ambientalista dell’anno 2014, che ha consentito la sopravvivenza della specie del camoscio destinata all’estinzione: «Questo miracolo – è scritto nella motivazione del premio, indetto dal comitato presieduto da Giampaolo Minazzi, fratello di Luisa – va agli operatori delle aree protette che hanno realizzato il progetto europeo “Life + Coornata” con l’appoggio del Corpo forestale dello Stato, del Wwf e del Cai. Al secondo posto, il condominio green – Comunità sharing di Milano, esempio straordinario da imitare, e al terzo il paladino del mare David Grassi, di Livorno.